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DISABILITA' GRAVE E GRAVISSIMA

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Messaggio  albatros1 Dom Apr 13, 2008 11:04 am

Disabilità grave e gravissima. Tomeo: "Delineare i confini per interpretare i bisogni"


Nel dibattito partito dal prepensionamento dei genitori di disabili gravi e gravissimi e allargatosi poi alla necessità di rendere più evidente la percezione della disabilità gravissima, l’intervento del padre di un giovane in coma vigile da due anni in seguito ad un incidente stradale: “Chiarire i confini della disabilità gravissima è il primo passo per interpretare ed elaborare i veri bisogni e gli interventi da mettere in campo”

ROMA - "Finalmente qualcuno prova a marcare quelle differenze che sono state finora sottovalutate perfino da noi, disabili all'interno del mondo della disabilità": è la reazione di Marino Tomeo, padre di Antonio (un ragazzo da due anni in coma vigile per un incidente stradale) alle parole espresse a Superabile da Mario Caldora, il presidente del Comitato per il Diritto all'Assistenza "Cinzia Fico", sulla necessità di evidenziare la differenza fra i disabili gravissimi, i disabili gravi e le altre persone con disabilità. "Lo strumento di misura della disabilità ha bisogno di essere riproporzionato per rendere più visibile la percezione della disabilità gravissima", aveva sostenuto Caldora prendendo spunto dal dibattito sul tema del prepensionamento dei genitori di disabili gravi e gravissimi, del quale il nostro portale si è occupato in un Dossier. La situazione attuale, notava Caldora, è che tutti i disabili con difficoltà motorie vengono classificati con la stessa percentuale di gravità, cioè la massima (il 100%) e ciò rende alquanto arduo marcare le differenze fra i disabili su sedia a ruote, quelli costretti a letto, quelli in coma, e così via.

"La nostra cronaca che è sempre molto solerte nel fornire la più ampia e documentata informazione riguardo a incidenti, errori di malasanità e tutti quegli sciagurati accidenti che possono provocare disabilità gravissime - scrive a Superabile Marino Tomeo - ancora non riesce a mettere bene in evidenza gli esiti e le difficoltà che seguono a questi drammatici eventi: Antonio (e la nostra famiglia con lui) oltre al malaugurato incidente, ha avuto anche la sventura di essere nato in una regione (la Campania, ndr) in cui il riconoscimento dei diritti più elementari deve essere sempre conquistato attraverso il rituale incatenamento, le battaglie legali o - peggio ancora - il baratto di favoritismi e raccomandazioni".

"E' di fondamentale importanza, a mio avviso - continua - delineare correttamente i confini della disabilità gravissima, perché è il primo passo per un'analisi che deve riuscire ad interpretare, per poi elaborare, i veri bisogni e gli interventi da mettere in campo per sostenere il disabile e la famiglia di appartenenza (quando c'è): le nostre istanze per l'ottenimento del più elementare bisogno, un servizio di assistenza domiciliare socio-sanitaria all'altezza di quella che (proprio con un eufemismo) possiamo definire una situazione gravissima, sono rimaste, al momento, ancora inevase (se non addirittura ignorate)".

"Quando - scrive ancora Tomeo - sono riuscito per la prima volta a raccontare la vicenda di Antonio, la criticità della sua esistenza, le difficoltà del quotidiano e lo stravolgimento della nostra famiglia, ad un pubblico di disabili e non, ho suscitato sgomento e una silenziosa attenzione, ma soprattutto s'è materializzata la sincera comprensione dei disabili gravi: in quel momento ho pensato che sarei stato un padre felice potendo vedere il mio Antonio su una carrozzina impegnato a lottare per la realizzazione del sogno di una vita indipendente". "Il nostro dovere di tutori ancorchè genitori di una persona che non può più scegliere, decidere ed esprimersi, ci obbliga prioritariamente ad esplorare e percorrere tutte le strade possibili per sostenere il suo diritto ad un'esistenza dignitosa che non gli precluda - anche attraverso la piena attivazione delle terapie più evolute - la più fievole possibilità di pervenire ad un "risveglio". La nostra è, come tante altre - conclude Tomeo - una di quelle situazioni che stigmatizza "una certa differenza" tra disabilità gravissima e disabilità grave". (Stefano Caredda)

(12 aprile 2008)

Prendo spunto da questa per evidenziare il fatto che oggi nel nostro paese si fa di tutta un'erba un fascio.
Come sempre ho sostenuto, non si possono percentualizzare le varie patologie, e allo stesso tempo mettere sullo stesso piano con la percentualizzazione i disabili. In questo caso, troviamo un coma vigile e quindi una persona che dipende completamente da altri e quindi ha dei costi sia per se che per la famiglia diversi, da un disabile che anche al 100% ma riesce a compiere atti perchè presente.
Questo quando si assegnano le percentuali non è possibile definirlo e quindi torno a dire, viene a mancare un ente di sostegno per quei casi particolari anche nella disabilità.
Molte volte accade che due persone che hanno stesso grado di invalidità ma patologie differenti lo stesso trattamento non sia giusto.
I casi vanno valutati singolarmente e anche seguiti con l'evolversi del tempo ma questo è possibile farlo solo se si crea un'unità unica e centrale che fortunatamente oggi con l'informatizzazione, gestisca e recepisca i dati dalle periferiche in modo di avere sempre aggiornate le varie patologie e l'evolversi delle situazioni in tempo reale e poter stabilire non a sommi capi da tabelle ma caso per caso singolarmente il supporto da dare al disabile o alla famiglia.
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DISABILITA' GRAVE E GRAVISSIMA Empty Re: DISABILITA' GRAVE E GRAVISSIMA

Messaggio  luca casadio Mer Mar 17, 2010 2:49 pm

Concordo, ma dal mio punto di vista, il mondo della disabilità è un mondo ancora da creare, in Italia in particolare. Basta pensare che non esiste un censimento dei disabili, le regioni, le USL non sono in grado di fornire dati concreti, figuriamoci se dovessero rivalutare i vari gradi di invalidità. Ben comprendendo la disperazione di tante famiglie, rimane un dato di fatto che ogni disabilità è soggettiva; ogni individuo, la vive secondo le proprie condizioni sociali e psicologiche. Con un esempio; una donna di mezza età paraplegica, con un figlio a carico destinata a vivere con la sola pensione di invalidità e l'accompagnamento, incontra le stesse difficoltà di una famiglia che deve assistere 24ore su 24 un ragazzo tetraplegico e senza considerare la forza della sua condizione psicologica. Risulta chiaro che è impossibile una valutazione caso per caso. Credo che un grande passo, sarebbe quello di riuscire prima di tutto a coordinare i vari Enti, fare in modo che questi applichino le leggi già esistenti e che gli Enti sociali preposti alle varie valutazioni, dessero il sostegno "Dovuto". E' evidente che la disabilità produce una forma di vittimismo individuale, basta leggere nei vari Blog le singole "lamentele", ma sappiamo perfettamente che è impossibile accontentare tutti. Cominciamo a creare una coscienza sociale, ad eliminare le barriere architettoniche e a vigilare sull'applicazione delle leggi e su tutti quelli che sulla disabilità e la Sanità in generale ci lucrano; sarebbero miliardi di € risparmiati da poter destinare più appropriatamente ai singoli casi!
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