DIRITTI
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DIRITTI
Il dott. Franco Previte presidente dell’associazione Cristiani per servire manifesta, in un comunicato, tutto il suo disappunto sulla latitanza dei governi al rispetto della "Convenzione Internazionale sui diritti delle persone disabili". Ricorda in proposito, tra i tanti, l’appello lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nella "Giornata Mondiale della Sanità 2007" svoltasi a Singapore dove si invitavano tutti i paesi del mondo ad " investire nella salute per costruire un futuro migliore". E l’argomento è stato poi ripreso dal "dr.Lee Jong-wook, Direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – che ha precisato: Ogni giorno - si verificano casi di violazione dei diritti umani nei confronti di individui affetti da deficit mentali".
Qui parliamo di ben 450 milioni di individui in tutto il mondo che soffrono di affezioni mentali, neurologiche o problemi comportamentali e che il 64% degli Stati membri dell’ONU non hanno mai emanato alcuna legge in materia o che possiede una normativa in tal senso.
Da parte sua l’associazione Cristiani per servire ha inviato al parlamento italiano il il 28 maggio scorso una petizione evidenziando la discriminazione esistente nei confronti delle persone con disordini psichici. Un’altra iniziativa è stata presa a livello comunitario presso la "Corte Europea per i Diritti dell’Uomo" di Strasburgo per sollecitare una Direttiva Comunitaria che impegnasse tutti i governi della comunità ad adottare una comune legislazione nel settore della sanità pubblica compreso l’ambito della infermità mentale".
Non sono mancate assicurazioni come quella del governo italiano che si è impegnato a recepire la "Convenzione Internazionale sui diritti delle persone disabili" approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il 6 dicembre 2006 (Prot.Distr.Generale A/61/611).
In quell’occasione i 191 Stati aderenti hanno convenuto, fra altre, il "riconoscere la diversità delle persone con disabilità", ma includendo all’articolo 1 "coloro che presentano menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali di lunga durata, che nella loro interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società in condizioni di parità con gli altri" e all’art.3 lettera b) quale principio generale "la non discriminazione", impegnando all’art. 4 gli Stati "ad adottare appropriate misure legislative". Quindi la "Convenzione" ha l’obiettivo precipuo di affermare con notevole incisione che tutti i cittadini disabili, specialmente quelli più deboli, devono godere degli stessi diritti. La convenzione, ovviamente, non soddisfa del tutto l’associazione Cristiani per servire tanto che il dott. Previti in una nota precisa: "ciò che non è condivisibile in questa Convenzione è che: "sulla riproduzione e la pianificazione familiare [art.23 lettera b) e 25 lettera a)] in quanto l’accesso ai servizi riproduttivi o salute riproduttiva potrebbero promuovere le contraccezioni, favorire l’aborto, le limitazione della nascite, le sterilizzazioni, la non responsabilità dei rapporti sessuali che aumentano l’espandersi dell’epidemia dell’HIV/AIDS disattendendo la procreazione responsabile od altro, il tutto in contrasto con l’art.10 per "l’inalienabile diritto alla vita", con l’art.15 dove "nessuno dovrà essere sottoposto ad esperimenti medico-scientifici" e con l’art.16 dove si è contro "ogni forma di sfruttamento, violenza od abuso".
Queste metodologie sembra che si richiamano all’eugenismo (la pratica biomedica che spianò la strada alle terribili selezioni della razza e del genere umano tentate dai nazisti; oppure allo sterminio in Unione Sovietica da parte "dell’Einsatzkommando 3" dei malati di mente, che registravano il passaggio dal massacro eugenetico allo sterminio genocidio vero e proprio), od alla teoria dell’economista britannico Malthus che attribuiva all’eccesso di popolazione i mali e le miserie sociali". D’altra parte osserva Previti: "il voler associare il disabile con minorazioni fisiche, con l’handicappato mentale, in quanto per il primo sussistono possibilità di inserimento sociale e lavorativo, per il secondo si possono e devono essere attuate cure specifiche in strutture adatte, ma non si possono prevedere né tempi di recupero né proposizioni di intendimenti lavorativi, in "persone" che richiedono coesione di intelletto e responsabilità ( art.27) e questo è in contrasto con il punto e) nel Preambolo della "Convenzione" dove si "riconosce che la disabilità è un concetto in evoluzione".
La comunità sociale dovrebbe essere il posto dove la persona umana in condizione di infermità, sia fisica che mentale, trovi solidarietà difesa e protezione, invece di quanti riconoscono più il valore degli animali e che in tale maniera pongono l’uomo allo stesso livello, se non sotto!. Il dolore, purtroppo, è una sensazione molesta ed una condizione afflittiva cagionato da un male che tormenta le parti del corpo umano. Ancora una volta si deve chiarificare la differenziazione che insiste con il termine generale di disabile: a). disabile è colui che è privato di una forza fisica, sopravvenuta o congenita, di una certa incapacità fisica, ma conservante la lucidità mentale; b). handicappato è colui che ha ricevuto uno svantaggio in partenza, od un sopravvenuto ostacolo, un intralcio, una inferiorità interna od esterna che impedisce il manifestare il massimo della potenzialità più psichica e meno fisica". Se ne deduce, conclude il dott. Previti che " la "Convenzione" non considera specificatamente l’handicappato mentale perché con la dicitura "menomazione mentale" (art.1) a nostro avviso non si chiarifica lo status delle condizioni del "soggetto nell’interazione"cioè nell’azione tra i due "fenomeni", perché l’uso del termine malato mentale come sinonimo di persona con disabilità non è quello promosso dalla "Convenzione" stessa che segna un distacco molto chiaro da un approccio medico-assistenziale per un approccio di diritti umani". Se a questo punto spostiamo i riflettori sulla situazione italiana è da notare che il legislatore ha introdotto nella legge 104/1992 il termine handicappato ed in ottemperanza con l’art. 4 della "Convenzione" fra gli obblighi generali, l’Italia si è impegnata ad adottare appropriate misure legislative, che nella nostra legislazione sono carenti da ben 30 anni per la malattia mentale. A questo punto l’Italia non può non essere conseguente applicando la "Convenzione sui diritti dei disabili", ma "nell’interazione con le varie barriere" ed "in condizioni di parità con gli altri "( art.1). va considerato, altresì, che in Italia il 3% della spesa sociale è destinato alle politiche familiari a fronte di una media europea che ha una percentuale almeno il doppio, nonostante promesse , spese elettoralistiche, spese inutili ( quante ce ne sono!) ecc., le politiche familiari non sono realizzate da nessun Governo, tanto meno si è legiferato sulla "materia specifica malattia mentale" e nell’ambito sanitario nel "Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 ( a differenza del Piano Sanitario 2003-2005) si riscontrano carenza di programmi di sostegno alle famiglie dove insiste l’handicappato mentale ( per esempio, non certo salvabile con 246,73 euro mensili di assegno di assistenza) , né indirizzi da apportare sul piano legislativo. In buona sostanza si precisa che il Piano Sanitario 2003-2005,( quello del Governo Berlusconi) rispetto a quello 2006-2008,( quello del Governo Prodi) considera impellenti, tra altre, tre necessità : 1.) la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Privati. 2.) l’attivazione di interventi nel disagio psichico nelle carceri secondo quanto previsto dal DL 22 giugno 199 n. 230; 3.) programmi adeguati per il sostegno alle famiglie dei malati psichici. Ma a questo punto Previti fa notare che in entrambi "Piani Sanitari" non viene considerata la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari che non solo contrastano con la legge 180 e 833 del 1978, ma contrastano addirittura con i dettami Costituzionali, non adeguando la normativa penale con quella civile. Il tutto tende a trasformarsi e persino a consolidarsi un sistema sanitario troppo lento nell’aiutare le persone affette da gravi forme di malattie mentali e da un sistema sociale-legislativo troppo lontano dalla realtà! A questo punto ci chiediamo: perché la politica, le istituzioni, la società nel suo complesso e persino le autorità religiose disattendono, non a parole, ma nella fattispecie concreta questo problema come in una sorta di rimozione per sfuggire a una realtà che pure è tale e si presenta di continuo sotto i nostri occhi? E’ un interrogativo che, purtroppo, sino ad oggi, resta senza risposta.
Qui parliamo di ben 450 milioni di individui in tutto il mondo che soffrono di affezioni mentali, neurologiche o problemi comportamentali e che il 64% degli Stati membri dell’ONU non hanno mai emanato alcuna legge in materia o che possiede una normativa in tal senso.
Da parte sua l’associazione Cristiani per servire ha inviato al parlamento italiano il il 28 maggio scorso una petizione evidenziando la discriminazione esistente nei confronti delle persone con disordini psichici. Un’altra iniziativa è stata presa a livello comunitario presso la "Corte Europea per i Diritti dell’Uomo" di Strasburgo per sollecitare una Direttiva Comunitaria che impegnasse tutti i governi della comunità ad adottare una comune legislazione nel settore della sanità pubblica compreso l’ambito della infermità mentale".
Non sono mancate assicurazioni come quella del governo italiano che si è impegnato a recepire la "Convenzione Internazionale sui diritti delle persone disabili" approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il 6 dicembre 2006 (Prot.Distr.Generale A/61/611).
In quell’occasione i 191 Stati aderenti hanno convenuto, fra altre, il "riconoscere la diversità delle persone con disabilità", ma includendo all’articolo 1 "coloro che presentano menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali di lunga durata, che nella loro interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società in condizioni di parità con gli altri" e all’art.3 lettera b) quale principio generale "la non discriminazione", impegnando all’art. 4 gli Stati "ad adottare appropriate misure legislative". Quindi la "Convenzione" ha l’obiettivo precipuo di affermare con notevole incisione che tutti i cittadini disabili, specialmente quelli più deboli, devono godere degli stessi diritti. La convenzione, ovviamente, non soddisfa del tutto l’associazione Cristiani per servire tanto che il dott. Previti in una nota precisa: "ciò che non è condivisibile in questa Convenzione è che: "sulla riproduzione e la pianificazione familiare [art.23 lettera b) e 25 lettera a)] in quanto l’accesso ai servizi riproduttivi o salute riproduttiva potrebbero promuovere le contraccezioni, favorire l’aborto, le limitazione della nascite, le sterilizzazioni, la non responsabilità dei rapporti sessuali che aumentano l’espandersi dell’epidemia dell’HIV/AIDS disattendendo la procreazione responsabile od altro, il tutto in contrasto con l’art.10 per "l’inalienabile diritto alla vita", con l’art.15 dove "nessuno dovrà essere sottoposto ad esperimenti medico-scientifici" e con l’art.16 dove si è contro "ogni forma di sfruttamento, violenza od abuso".
Queste metodologie sembra che si richiamano all’eugenismo (la pratica biomedica che spianò la strada alle terribili selezioni della razza e del genere umano tentate dai nazisti; oppure allo sterminio in Unione Sovietica da parte "dell’Einsatzkommando 3" dei malati di mente, che registravano il passaggio dal massacro eugenetico allo sterminio genocidio vero e proprio), od alla teoria dell’economista britannico Malthus che attribuiva all’eccesso di popolazione i mali e le miserie sociali". D’altra parte osserva Previti: "il voler associare il disabile con minorazioni fisiche, con l’handicappato mentale, in quanto per il primo sussistono possibilità di inserimento sociale e lavorativo, per il secondo si possono e devono essere attuate cure specifiche in strutture adatte, ma non si possono prevedere né tempi di recupero né proposizioni di intendimenti lavorativi, in "persone" che richiedono coesione di intelletto e responsabilità ( art.27) e questo è in contrasto con il punto e) nel Preambolo della "Convenzione" dove si "riconosce che la disabilità è un concetto in evoluzione".
La comunità sociale dovrebbe essere il posto dove la persona umana in condizione di infermità, sia fisica che mentale, trovi solidarietà difesa e protezione, invece di quanti riconoscono più il valore degli animali e che in tale maniera pongono l’uomo allo stesso livello, se non sotto!. Il dolore, purtroppo, è una sensazione molesta ed una condizione afflittiva cagionato da un male che tormenta le parti del corpo umano. Ancora una volta si deve chiarificare la differenziazione che insiste con il termine generale di disabile: a). disabile è colui che è privato di una forza fisica, sopravvenuta o congenita, di una certa incapacità fisica, ma conservante la lucidità mentale; b). handicappato è colui che ha ricevuto uno svantaggio in partenza, od un sopravvenuto ostacolo, un intralcio, una inferiorità interna od esterna che impedisce il manifestare il massimo della potenzialità più psichica e meno fisica". Se ne deduce, conclude il dott. Previti che " la "Convenzione" non considera specificatamente l’handicappato mentale perché con la dicitura "menomazione mentale" (art.1) a nostro avviso non si chiarifica lo status delle condizioni del "soggetto nell’interazione"cioè nell’azione tra i due "fenomeni", perché l’uso del termine malato mentale come sinonimo di persona con disabilità non è quello promosso dalla "Convenzione" stessa che segna un distacco molto chiaro da un approccio medico-assistenziale per un approccio di diritti umani". Se a questo punto spostiamo i riflettori sulla situazione italiana è da notare che il legislatore ha introdotto nella legge 104/1992 il termine handicappato ed in ottemperanza con l’art. 4 della "Convenzione" fra gli obblighi generali, l’Italia si è impegnata ad adottare appropriate misure legislative, che nella nostra legislazione sono carenti da ben 30 anni per la malattia mentale. A questo punto l’Italia non può non essere conseguente applicando la "Convenzione sui diritti dei disabili", ma "nell’interazione con le varie barriere" ed "in condizioni di parità con gli altri "( art.1). va considerato, altresì, che in Italia il 3% della spesa sociale è destinato alle politiche familiari a fronte di una media europea che ha una percentuale almeno il doppio, nonostante promesse , spese elettoralistiche, spese inutili ( quante ce ne sono!) ecc., le politiche familiari non sono realizzate da nessun Governo, tanto meno si è legiferato sulla "materia specifica malattia mentale" e nell’ambito sanitario nel "Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 ( a differenza del Piano Sanitario 2003-2005) si riscontrano carenza di programmi di sostegno alle famiglie dove insiste l’handicappato mentale ( per esempio, non certo salvabile con 246,73 euro mensili di assegno di assistenza) , né indirizzi da apportare sul piano legislativo. In buona sostanza si precisa che il Piano Sanitario 2003-2005,( quello del Governo Berlusconi) rispetto a quello 2006-2008,( quello del Governo Prodi) considera impellenti, tra altre, tre necessità : 1.) la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Privati. 2.) l’attivazione di interventi nel disagio psichico nelle carceri secondo quanto previsto dal DL 22 giugno 199 n. 230; 3.) programmi adeguati per il sostegno alle famiglie dei malati psichici. Ma a questo punto Previti fa notare che in entrambi "Piani Sanitari" non viene considerata la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari che non solo contrastano con la legge 180 e 833 del 1978, ma contrastano addirittura con i dettami Costituzionali, non adeguando la normativa penale con quella civile. Il tutto tende a trasformarsi e persino a consolidarsi un sistema sanitario troppo lento nell’aiutare le persone affette da gravi forme di malattie mentali e da un sistema sociale-legislativo troppo lontano dalla realtà! A questo punto ci chiediamo: perché la politica, le istituzioni, la società nel suo complesso e persino le autorità religiose disattendono, non a parole, ma nella fattispecie concreta questo problema come in una sorta di rimozione per sfuggire a una realtà che pure è tale e si presenta di continuo sotto i nostri occhi? E’ un interrogativo che, purtroppo, sino ad oggi, resta senza risposta.
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