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Disabilità/ La giornata europea che interessa a pochi

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Messaggio  albatros1 Dom Dic 02, 2007 9:47 am

3 dicembre 2007


AFFARI ITALIANI
il primo quotidiano on line


Disabilità/ La giornata europea che interessa a pochi Disabi10


Nel sostanziale silenzio delle istituzioni nazionali, c'è solo qualche evento locale a ricordare che il 3 dicembre sarà la “Giornata europea delle persone con disabilità” Le ricorrenze poco sentite in fondo non valgono gran che. Ma è pur vero che spesso – tra le tante nefandezze e sviste informative per le quali si fa notare la categoria dei giornalisti – talvolta anche noi abbiamo il merito di portare agli onori della cronaca temi troppo poco considerati. Così capita che non molti (governo Prodi compreso, vista la carenza di progetti di iniziative) si ricordino che lunedì 3 dicembre 2007 sarà la “Giornata europea delle persone disabili”. A stabilirlo è stata, già nel luglio del 1993, la Commissione Europea in accordo con le Nazioni Unite.


Disabilità/ La giornata europea che interessa a pochi Midpic10


Un tema poco televisivo e telematico, poco radiofonico e persino poco adatto alla carta stampata, quello delle persone con handicap, ma che in Italia riguarda molti individui e moltissime famiglie (è di questi giorni in cui si discute la Finanziaria una richiesta di poter andare in pensione prima – come chi fa un lavoro usurante – venuta dai familiari di chi mostra gravi forme di disabilità). Per stare alle cifre, comunque, le ultime statistiche, cioè quelle ricavabili dall’indagine dell'Istat sulle “Condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari” (www.disabilitàincifre.it), risalgono al periodo 2004-2005 e ci dicono che nel nostro Paese “le persone con disabilità sono 2milioni 600mila, pari al 4,8% circa della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia. Considerando anche le 190.134 persone residenti nei presidi socio-sanitari si giunge ad una stima complessiva di poco meno di 2 milioni 800mila persone con disabilità” (Tabella).
Quasi 3 milioni di persone con deficit motori, sensoriali, intellettivi (o una composizione variabile di questi deficit nello stesso soggetto) che, a grandi linee, sembrano segnare sulla mappa del nostro Stato una sorta di corrispondenza anche con la distribuzione dello sviluppo socio-economico e dei servizi alla persona: il tasso di disabilità è del 5,7% nell’Italia insulare, del 5,2% nell’Italia Meridionale, mentre scende al 4.9% nell’Italia Centrale, al 4,2% in quella Nord-Orientale e al 4,3% in quella Nord-Occidentale.

Ora, le cifre dicono poco, anzi pochissimo, del mondo di queste persone che vivono e lavorano, amano e producono su tutto il territorio nazionale, ma suggeriscono molto sull'importanza che questo tema ha per una buona parte della popolazione, e sulla speranza che la politica e le amministrazioni locali sappiano dare un esito sempre più concreto alla sanzione di ‘parità di condizioni tra tutti i cittadini’ che la Costituzione italiana afferma nei suoi primi principi.
E invece le cose non vanno troppo bene, perché l'attenzione al problema, in situazioni di difficoltà economica generalizzata, viene sempre meno, e con essa il rispetto per chi ne è coinvolto. Tanto per fare un esempio significativo, basta ricordare l’indecorosa vicenda che ha riguardato il capo dei vigili urbani di Roma, sorpreso ad aver utilizzato indebitamente un tagliando handicap per parcheggiare l'auto in una zona riservata: un caso eclatante che sembra però lo specchio di una società in declino culturale ed economico, in cui i minimi principi di convivenza non sono garantiti dalle autorità quanto non sono applicati dai comuni cittadini. La disabilità finisce quindi sui giornali nelle pagine della cronaca nera oppure per esaltare preziose – ma pur piccole – esperienze locali che parlano della realizzazione di sé delle persone disabili nella ‘normalità quotidiana’.

Disabilità/ La giornata europea che interessa a pochi Disabi11


E attenzione a parlare di ‘normalità’ in contrapposizione a ‘disabilità’: oggi neanche si può più scrivere ‘disabilità’ senza venire corretti o addirittura giudicati dei retrogradi, perché qualcuno ha pensato che ‘diversamente abile’ fa un effetto migliore su chi lo legge e su chi lo è. Certo non vogliamo tornare ai tempi degli ‘handicappati’, e il problema delle parole, anche delle parole, è importante davvero perché segna la cultura dei tempi. Tuttavia non si può sostituire il cambio delle parole alla risoluzione dei problemi concreti. Perché chi è portatore di handicap – come si poteva dire fino a poco tempo fa – non vuole essere discriminato come tale né identificato per 'l'handicap che porta', ma qualsiasi ipocrisia risulta offensiva, inaccettabile e dannosa per chi sa che un equilibrio nella definizione, come anche nella concretezza della vita individuale, si può trovare solo quando si riuscirà a creare per tutti delle pre-condizioni di uguaglianza.

Corrado Fontana
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